ESTINZIONE ANTICIPATA DEL FINANZIAMENTO E RIMBORSO DEI COSTI UP FRONT

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ESTINZIONE ANTICIPATA DEL FINANZIAMENTO E RIMBORSO DEI COSTI UP FRONT

A seguito alla sentenza della Corte di Giustizia UE dell’11.09.2019, resa nella causa C-383/2018 (c.d. Lexitor), il Collegio di coordinamento ABF, mutando radicalmente il proprio orientamento, fino ad allora granitico e contrario alla tutela dei consumatori, ha finalmente stabilito che l’art. 125 sexies TUB deve essere interpretato nel senso che, in caso di estinzione anticipata del finanziamento, il consumatore ha diritto alla riduzione di tutte le componenti del costo totale del credito, compresi i costi up front.

È stata necessaria l’ennesima pronuncia della Corte di Giustizia UE a tutela dei consumatori affinché il Collegio di coordinamento dell’ABF mutasse il proprio orientamento. Sic!

Infatti, la decisione del Collegio ABF, offrendo un’articolata ricostruzione giuridica della questione, pone sullo stesso piano l’art. 125 sexies T.U.B. e l’art. 16, par. 1 Direttiva 2008/48/CE e, pertanto, supera la distinzione lessicale tra costi “up front” e costi “recurring”. In tal senso, deve ritenersi ormai definitivamente abolita la difforme interpretazione dell’art. 16 della Direttiva cit., perché tale norma va letta alla luce del “contesto in cui è inserita nonché degli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte” (Cfr. Corte di Giustizia UE 11.09.2019 cit.) di tutela del consumatore.

Si legge, infatti, nella decisione dell’ABF che “l’art.125 sexies, secondo cui in caso di estinzione anticipata del finanziamento il consumatore ha diritto a una riduzione del costo totale del credito, “pari” all’importo degli interessi e “dei costi dovuti per la vita residua del contratto”, non è affatto diverso rispetto all’art. 16 par. 1 Direttiva “secondo cui il consumatore ha diritto a una riduzione del costo totale del credito, che “comprende gli interessi e i costi dovuti per la restante durata del contratto”, giacché non può ragionevolmente attribuirsi alcun significativo rilievo distintivo alla differenza lessicale tra la riduzione del costo del credito che è “pari” a tutte le voci che compongono il costo totale del credito e la riduzione del costo totale del credito che “comprende” esattamente le medesime voci”.

Il Collegio, allora, proprio stressando quel “pari” (…“riduzione del costo totale del credito, “pari” all’importo degli interessi e “dei costi dovuti per la vita residua del contratto”) supera il precedente orientamento dell’ABF, confermando l’interpretazione sul punto della CGUE secondo cui l’art.125-sexies TUB deve essere interpretato come se avesse sempre detto “fin dalla sua origine” “che il diritto alla riduzione del costo del credito in caso di anticipata estinzione del finanziamento coinvolge anche i costi up front, al di là di ogni differenza nominalistica o sostanziale, pur esistente, con gli altri costi”. D’altra parte, un’argomentazione in senso contrario (che cioè impedirebbe al consumatore recedente, in rapporti di durata, di ottenere la restituzione dei compensi per prestazioni già eseguite, ai sensi dell’art. 1373, co. 2 c.c.) tradirebbe la ratio di tutela del consumatore/parte debole della Direttiva stessa.

Ciò posto, l’ABF si dilunga sul metodo di determinazione del criterio di riduzione dei costi up front, ammettendo che possa essere colpita da nullità di protezione, rilevabile d’ufficio ex artt. 127 TUB e 1418 c.c., la clausola che “sia pure in modo implicito, abbia escluso la ripetibilità dei costi riferiti ad attività preliminari (alla pari di ogni altra clausola incompatibile con l’ampiezza oggettuale del diritto alla riduzione dei costi)” e conclude stabilendo che, in mancanza di un esplicito criterio legale di rimborso, è l’autonomia negoziale a stabilire la specifica modalità di rimborso dei costi up front, sempre che il criterio prescelto sia agevolmente comprensibile e quantificabile dal consumatore e risponda ad un principio di proporzionalità, e aggiunge che, laddove tale regolazione pattizia manchi del tutto, è lo stesso ABF a poter decidere in via integrativa ex  art. 1374 c.c.. Vengono, invece, fatti salvi i precedenti orientamenti relativi ai costi recurring (ripetibili), mantenendo la distinzione tra le due voci di costo e ritenendo, peraltro immotivatamente, “Non (…) ammissibile la proposizione di un ricorso finalizzato alla retrocessione dei costi up front in pendenza di un precedente ricorso proposto per il rimborso dei costi recurring”.

In conclusione, se da un lato è positivo il superamento (che ormai resisteva solo in ABF e Banca d’Italia) della non ripetibilità dei costi up front, come da ultimo riconosciuto dalla sentenza CGUE qui richiamata, dall’altro, sorprende come questa decisione collegiale, ignori, invece, l’altro, e più importante, punto richiamato dai giudici europei. È da sottolineare, infatti, che il principio di diritto della sentenza CGUE stabiliva che: “L’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE […] deve essere interpretato nel senso che il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito in caso di rimborso anticipato del credito include tutti i costi posti a carico del consumatore” di fatto superando la distinzione in sede di estinzione anticipata del finanziamento, tra costi up front e recurring, e ponendosi, quindi, in totale contrasto con le costanti e consolidate interpretazioni dell’art. 125-sexies TUB fatte proprie da Banca d’Italia e dall’ABF. La Corte, quindi, prefigura l’accostamento tra i costi (o parte dei costi) del finanziamento e gli interessi corrispettivi, oggetto anch’essi di riduzione in caso di estinzione anticipata, implicitamente ammettendo, quindi, che gli stessi costi up front, siano, in realtà, riconducibili ad una componente del corrispettivo del finanziamento (i.e., gli interessi).

Sempre in tema di tutela del consumatore si richiama un altro fondamentale e recentissimo arresto della Corte di Giustizia UE (reso nella causa C-290/19 il 19.12.2019) in materia di TAEG, secondo il quale “L’articolo 10, paragrafo 2, lettera g), della direttiva 2008/48/CE […] deve essere interpretato nel senso che osta a che, in un contratto di credito al consumo, il tasso annuo effettivo globale sia espresso non da un tasso unico, ma mediante un intervallo che rinvia ad un tasso minimo e ad un tasso massimo”, con ciò ribadendo l’essenzialità dell’espressa ed univoca indicazione nel contratto di credito del costo del finanziamento

Anche alla luce delle due recenti pronunce, risulta chiara la direzione presa dal supremo organo giurisdizionale europeo in materia di tutela dei consumatori, ecco perché, allora, la decisione del Collegio qui commentata non può che costituire un’occasione mancata per l’ABF e una vittoria mutilata per gli stessi consumatori.

Scarica >> ABF, N.2625 11.12.2019