ILLEGITTIMO RECESSO DELLA BANCA DAL RAPPORTO DI APERTURA DI CREDITO IN CONTO CORRENTE

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ILLEGITTIMO RECESSO DELLA BANCA DAL RAPPORTO DI APERTURA DI CREDITO IN CONTO CORRENTE

Con una delle ultime ordinanze dello scorso decennio, ovvero con l’ordinanza n. 34535 pubblicata in data 27 Dicembre 2019, la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione ha ribadito un importante principio, già espresso in precedenti pronunce, in tema di recesso arbitrario da parte della banca da un rapporto di apertura di credito in conto corrente in cui non sia stato superato il limite dell’affidamento concesso al cliente, denunciando fin anche la forzatura logica posta in essere dalla Corte d’Appello di Milano che, nel precedente grado di giudizio, aveva ritenuto che la responsabilità della banca fosse di natura extracontrattuale.

La Suprema Corte, in primo luogo, afferma la natura contrattuale della responsabilità dell’istituto di credito per i danni cagionati ai clienti a seguito del recesso illegittimo dagli affidamenti. La banca, invero, nel recedere dal contratto, nonostante i clienti non avessero superato il limite dell’affidamento concesso, aveva violato i doveri di correttezza e buona fede ex artt. 1175 e 1375 c.c. che, in tema di esecuzione del contratto, impongono che le parti assumano condotte solidaristiche.

La Corte, infatti, stabilisce che “il dovere di correttezza e buona fede in ambito bancario implica l’obbligo di fornire informazioni esatte e di non addebitare poste indebite”. La violazione del suddetto obbligo, dunque, “dà luogo a responsabilità contrattuale, anche laddove vengano realizzate condotte non solidaristiche, mentre il principio del neminem laedere possiede valenza residuale e non opera allorché il fatto-fonte coincide con l’inadempimento del rapporto obbligatorio”.

In tema di prescrizione estintiva, pertanto, il termine per la proposizione delle domande risarcitorie deve essere commisurato alla fattispecie illecita, e quindi al tipo di responsabilità fatta valere che, nel caso di specie, assurge a responsabilità contrattuale, posto che tutte le domande azionate dai clienti scaturivano da rapporti negoziali con la banca.

Invero, la Corte d’Appello, nel ritenere che la responsabilità risarcitoria della banca scaturisse dalla violazione del principio generale del neminem laedere, ed in particolare del divieto di aggravare la posizione del debitore, assumeva che fosse intervenuta la prescrizione delle domande risarcitorie proposte dai clienti. In tal senso si legge nell’Ordinanza in commento che il Giudice territoriale aveva “introdotto una irragionevole scissione nell’ambito del comportamento addebitato alla parte di un rapporto contrattuale fra l’esercizio di una facoltà prevista dal regolamento contrattuale (nel caso: il recesso) e le sue modalità concrete di attuazione, asseritamente contrarie ai doveri di correttezza e buona fede, espungendo queste ultime dall’ambito della responsabilità ex contractu e ritenendole suscettibili di essere fatte valere solo a titolo aquiliano, nell’irrilevanza del rapporto obbligatorio che astringe le parti del rapporto e in forza del generale divieto del neminem laedere”.

La Cassazione, ribalta, quindi, il ragionamento poco logico posto in essere dalla Corte d’Appello di Milano stabilendo che risulta indubbia la natura contrattuale della responsabilità della banca nel recedere dal rapporto in quanto sono le stesse norme civilistiche in materia di contratti a prevedere il dovere di correttezza e buona fede nell’esecuzione degli stessi e, pertanto, non risulterebbe corretto ricondurre la violazione dei suddetti doveri nell’alveo della responsabilità extracontrattuale.

L’art. 1374 c.c., infatti, precisa che il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge, o, in mancanza, secondo gli usi e l’equità e il successivo art. 1375 c.c., impone alle parti di eseguire il contratto secondo buona fede, così ricollegandosi al dovere di entrambe le parti del rapporto obbligatorio, ossia debitore e creditore, di comportarsi secondo le regole della correttezza.

Conseguentemente, la Cassazione, in linea con la precedente giurisprudenza, afferma che “il dovere di correttezza che grava sulla parte di un contratto (nella specie di apertura di credito) comprende anche quello di non aggravare indebitamente la posizione del debitore”, in quanto si presuppone la “natura contrattuale del comportamento del creditore che assuma connotazioni arbitrarie e impreviste per il debitore” (Cass. sent. n. 15066/2000).

La Suprema Corte, dunque, ha ribadito il principio (già affermato con la sentenza n. 17291 del 24/08/2016), secondo cui “il recesso di una banca dal rapporto di apertura di credito in cui non sia stato superato il limite dell’affidamento concesso, benché pattiziamente previsto anche in difetto di giusta causa, deve considerarsi illegittimo, in ragione di un’interpretazione del contratto secondo buona fede, ove in concreto assuma connotati del tutto imprevisti ed arbitrari, contrastando, cioè, con la ragionevole aspettativa di chi, in base ai rapporti usualmente tenuti dalla banca ed all’assoluta normalità commerciale di quelli in atto, abbia fatto conto di poter disporre della provvista redditizia per il tempo previsto e non sia, dunque, pronto alla restituzione, in qualsiasi momento, delle somme utilizzate”.

Quanto agli oneri allegatori e probatori i Giudici della Prima Sezione Civile hanno statuito che ove il cliente agisca in giudizio al fine della declaratoria dell’arbitrarietà del recesso della banca, egli “ha l’onere di allegare l’irragionevolezza delle giustificazioni date dalla banca, dimostrando la sufficienza della propria garanzia patrimoniale così come risultante a seguito degli atti di disposizione compiuti”.

L’ordinanza in esame, infine, risulta di particolare importanza in quanto la Corte di Cassazione non solo ribadisce l’arbitrarietà del recesso della banca dal rapporto di apertura di credito laddove non risulti essere stato superato il limite dell’affidamento concesso, ma sottolinea anche l’irragionevolezza delle motivazioni addotte dai giudici dei gradi inferiori del giudizio nel tentativo azzardato di sollevare la banca dalle responsabilità risarcitorie su di essa incombenti in base alla legge. 

Su questi temi richiamiamo il contributo del Prof. Avv. Bruno Spagna Musso di cui all’articolo denominato “Principi di trasparenza, correttezza e buona fede nei rapporti bancari”(https://www.bancheepoteri.it/2019/01/06/principi-di-trasparenza-correttezza-e-buona-fede-nei-rapporti-bancari/)

Che si tratti, finalmente, di un riconoscimento da parte dei Giudici della Suprema Corte circa la palese illegittimità di talune pronunce dei giudici d’Appello e di merito meneghini volte a salvaguardare le banche a discapito dei consumatori e imprese? Ai posteri l’ardua sentenza!

Scarica>> Cass. civ. Sez. 1° Ord. n. 34535 del 27 dicembre 2019