Torniamo ancora una volta a trattare la problematica della mora usuraria nei contratti di mutuo, puntualmente analizzata dal Tribunale di Brindisi con la recente sentenza del 15 gennaio 2020 n. 74.
È bene sottolineare che il Giudice di Brindisi puntualizza quanto, solo pochi giorni dopo, è stato altresì ribadito dalla Corte d’Appello di Bari (v. https://www.bancheepoteri.it/2020/04/02/mora-usuraria-potenziale-e-gratuita-del-mutuo/), in conformità a plurime pronunce della Corte di Cassazione, ovvero il principio secondo il quale “l’illecito di “usura civilistica” si consuma con il solo fatto di avere convenuto tassi usurari, e non richiede affatto, anche, la concreta formulazione della richiesta di pagamento delle somme che sarebbero dovute in conseguenza della concorde fissazione dei tassi usurari medesimi”.
L’art. 1 D.L. 394/2000 (conv. in L. n. 24/2001), infatti, dispone che “Ai fini dell’applicazione dell’articolo 644 del codice penale e dell’articolo 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento”.
Laratiodella norma di interpretazione autentica, com’è noto, è volta a “responsabilizzare l’operatore professionale dominante”, ossia la Banca, sanzionando anche la c.d. “mora potenziale”, laddove il tasso degli interessi moratori risultino superiori al tasso ex L. 108/96, con un sensibile inasprimento della sanzione civilistica contenuta nell’art. 1815, 2° comma c.c.
Le stesse Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la nota sentenza n. 24675 del 19 ottobre 2017, invero, facendo coincidere il momento in cui è configurabile l’illecito civile con quello in cui è configurabile la violazione dell’art. 644 c.p., avevano posto l’accento sul “momento della pattuizione degli interessi, valorizzando in tal modo il profilo della volontà e dunque della responsabilità dell’agente”(Cfr. n. 24675/17, punto 3.4.1 pag. 10) e avevano confermato, pertanto, il principio ribadito dall’Ordinanza del 4 ottobre 2017 n. 23192, peraltro già espresso in altre pronunce (Cfr. Cass. n. 14899/00; Cass. n. 5324/2003; Cass. n. 5598/2017), secondo cui la valutazione dell’usurarietà del contratto va effettuata al momento della pattuizione (v. https://www.bancheepoteri.it/2020/04/02/mora-usuraria-potenziale-e-gratuita-del-mutuo/).
L’inciso“a qualunque titolo”di cui all’art. 1 D. L. 394/2000 (conv. in L. n. 24/01) e “sotto qualsiasi forma” di cui all’art. 644 c.p., peraltro, conducono chiaramente a ritenere che la portata della riforma della disciplina dell’usura, introdotta con la Legge n.108/1996, sanzioni la natura usuraria delle condotte costituenti reato di usura con la nullità delle convenzioni di interesse corrispettivo e moratorio. Anche nel caso in cui i soli interessi moratori superino il Tasso Soglia d’usura, dunque, trova applicazione la sanzione della gratuità del mutuo, ai sensi dell’art. 1815, comma 2, c.c..
Per ferma giurisprudenza di legittimità, infatti, “Ai fini dell’applicazione dell’articolo 1815 c.c. e dell’articolo 644 c.p., si considerano usurari gli interessi che superano il limite stabilito nella legge al momento in cui sono promessi o comunque convenuti a qualunque titolo, e quindi anche a titolo d’interessi moratori”(da ultimo, Cass. civ. Sez. I, 09-01-2013, n. 350).
In conformità al dettato letterale dell’art. 644 c.p. e avuto riguardo alla art. 1 della n. 24/2001 (di conversione del D.L. n. 394/2000), la Cassazione chiarisce, dunque, che la legge sanziona la promessa usuraria, cioè la PATTUIZIONE di interessi superiori al tasso soglia (v. https://www.bancheepoteri.it/2019/03/21/la-penale-da-estinzione-anticipata-nei-mutui-e-la-mora-usuraria/).
È irrilevante, pertanto, che si tratti di interessi corrispettivi o di interessi moratori, in armonia con quanto statuito dalla Corte Costituzionale con la nota sentenza n. 29 del 25/2/2002 che, nel valorizzare – appunto – il riferimento fatto dal legislatore agli“interessi a qualunque titolo convenuti”, aveva già dal 2002 espressamente evidenziato che il tasso soglia riguarda “anche gli interessi moratori”.
Più precisamente, si legge nella sentenza della Consulta n. 29/2002:“Va in ogni caso osservato – ed il rilievo appare in sé decisivo – che il riferimento, contenuto nell’art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 394 del 2000, agli interessi “a qualunque titolo convenuti” rende plausibile – senza necessità di specifica motivazione – l’assunto, del resto fatto proprio anche dal giudice di legittimità, secondo cui il tasso soglia riguarderebbe anche gli interessi moratori.”(cfr. Corte Cost. sent. n. 29/2002).
Il Tribunale di Brindisi, dunque, in linea con la più accreditata giurisprudenza di legittimità che insegna che il reato di usura “…si consuma non solo con la promessa o la dazione di “interessi”, ma anche se oggetto della pattuizione sono comunque “vantaggi usurari”…” (Cfr. Cassazione II Sez. Pen. n. 28928/14), chiarisce la portata della riforma di cui alla L. n. 108/1996, “la quale deve ritenersi sanzioni la natura usuraria delle condotte costituenti reato di usura con la nullità delle convenzioni di interesse (corrispettivo e moratorio) collegate”.
In ossequio al suddetto assunto, peraltro, il Giudice di Brindisi confuta la tesi sostenuta dalla recentissima Cass. 26286/2019, “la quale subordina la legge 394/2000 ad una pretesa prevalenza degli artt. 1815 e 1834 (rectius:1384 – N.d.r.)c.c. (con riduzione ad equità dell’obbligazione di interessi moratori, raffigurabili quale clausola penale), i quali devono ritenersi però equi-ordinati (quale valore e forza di legge) alla prima, che risulta però successiva (anche rispetto alla riforma dell’art. 1815 c.c., varata nel 1996), nonché evidentemente eccezionale rispetto ai detti articoli, di diritto comune”.
Conseguentemente, il Tribunale afferma che, ai sensi dell’art. 644 c.p., “deve anche ritenersi che ogni vantaggioconseguito dalla banca (quindi, sia l’interesse corrispettivo che l’interesse moratorio, sia perciò la loro sommatoria) costituisca profitto del reato e che tale vantaggio non possa quindi essere preteso – ex art. 185 c.p. – dall’autore del reato, nei confronti della persona offesa dal reato stesso”.
Il suddetto assunto, peraltro, risulta conforme a quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 27442 del 30 ottobre 2018, la c.d. ordinanza “Rossetti”, già ampiamente analizzata (v. https://www.bancheepoteri.it/2020/04/02/mora-usuraria-potenziale-e-gratuita-del-mutuo/), la quale ha “riaffermato che l’obbligazione di interesse convenzionale e l’obbligazione di interesse moratorio hanno la medesima natura e la medesima funzione di remunerazione del capitale (con la necessaria conseguenza che le obbligazioni devono, se del caso, considerarsi unitariamente ai fini della complessiva valutazione di usurarietà), e che certamente la disciplina antiusura si può e si deve applicare anche all’obbligazione di interessi moratori”.
Il Giudice di Brindisi, inoltre, si sofferma anche su un’ulteriore dibattuta questione concernente gli interessi moratori, ossia sulla sommatoria degli stessi agli interessi corrispettivi ai fini della verifica del tasso effettivamente applicato in relazione alla normativa anti-usura.
Sul punto, il Tribunale di Brindisi è molto esplicito nell’affermare che, come sancito anche dalla Suprema Corte di Cassazione con le note Ordinanze n. 5598/2017 e n. 2319/2017, invero, ai fini della valutazione dell’usurarietà del mutuo, va sommata la percentuale del tasso di interesse corrispettivo con quella pattuita per il tasso di interesse moratorio qualora nel contratto di mutuo si stabilisca, “sostanzialmente, che la debitoria complessiva, a seguito di inadempimento dell’obbligo di restituzione delle somme mutuate”, è stata convenuta “con riferimento alle rate scadute (comprensive, queste, di interessi corrispettivi) maggiorate degli interessi moratori”.In tali casi, continua il Tribunale, è la stessa formulazione della clausola a determinare “necessariamente (…) la sommatoria dei tassi applicati (giacché sulla stessa quota capitale si dovrebbe calcolare l’interesse convenzionale, e, peraltro in maniera anatocistica, l’interesse moratorio sia sulla quota capitale che sulla quota interessi), e quindi, in concreto, la produzione di interessi, per il caso di mora, nella misura sopra indicata”risultante cioè dalla sommatoria dei due tassi.
Il suddetto meccanismo risulta altresì richiamato da una recente pronuncia della Corte di Cassazione, la quale nel giugno scorso ebbe modo di precisare che “gli interessi moratori non si sommano agli interessi corrispettivi salvo che il loro conteggio sia avvenuto su di una rata di canone scaduta e già precedentemente capitalizzata con interessi corrispettivi”(Cfr. Cass. civ. sez. III sent. n. 17447 del 28/6/2019)
Si tratta, né più e né meno, dell’applicazione del c.d. “principio di effettività”che postula una rilevazione effettiva ed a posteriori del tasso effettivamente applicato dalla Banca per valutare l’eventuale superamento del tasso soglia, laddove sulla base della previsione contrattuale bisogna far riferimento alla rata già precedentemente capitalizzata, comprensiva cioè dell’applicazione degli interessi corrispettivi (capitalizzati), sul cui ammontare complessivo siano stati altresì conteggiati gli interessi moratori. In tali casi, il tasso da rilevare ai fini del superamento del tasso soglia è quello effettivamente applicato, ovverosia il tasso congiunto di interessi moratori e corrispettivi (Cfr. Cass. n. 17447/2019 cit.).
Ed è proprio ciò che ipotizza il Tribunale pugliese, il quale, senza richiamare la citata pronuncia della Cassazione n. 17447/2019, ma pronunce precedenti (Cfr. Cass. n. 5598/2017 e n. 2319/2017 cit.), afferma espressamente la sommatoria dei tassi e che il suddetto meccanismo potrebbe comportare, altresì, in caso di mora, la produzione di interessi su interessi e, conseguentemente, anatocismo, giacché sulla stessa quota capitale si dovrebbe calcolare l’interesse convenzionale e l’interesse moratorio sia sulla quota capitale che sulla quota interessi.
In aggiunta, laddove, risulti dallo stesso contratto di mutuo, nonché dal comportamento complessivo delle parti valutabile ex art. 1362, comma 2, c.c., che in caso di mora si applicherà la sommatoria del tasso d’interesse corrispettivo a quello moratorio, per il Tribunale di Brindisi non ha altresì efficacia la clausola di salvaguardia,quando essa sia stata convenuta separatamente per gli interessi corrispettivi e per gli interessi moratori, ma non anche per la loro sommatoria.
La nullità delle cd. “clausole di salvaguardia”, peraltro, si evince anch’essa dalla puntuale analisi della stessa riforma dell’usura del 1996. Il legislatore, invero, ha previsto la punizione del fatto-reato, ai sensi dell’art. 644 c.p. ed ha altresì previsto, quale sanzione civilistica, la gratuità del mutuo, ai sensi dell’art. 1815, co 2° c.c..
Il profilo civilistico dell’usura discende, dunque, dalla predetta norma penale, che è norma imperativa e d’ordine pubblico, nel senso che le parti non hanno alcun potere dispositivo, cioè non possono e non debbono modificare il senso letterale e gli scopi dettati dal legislatore con la predetta norma.
Se tali premesse sono incontestabili, ne discende che la cosiddetta “clausola di contenimento-salvaguardia”è affetta da nullità, ai sensi dell’art. 1418 co. 1° c.c. in quanto tale atto dispositivo si pone in aperto contrasto con la predefinita norma imperativa di cui all’art. 1815 co. 2° c.c. che mira, invece, alla tutela incondizionata della vittima di un reato in contratto, qual è appunto l’usura oggettiva.
Ne consegue, che è da ritenersi nulla la pattuizione con la quale si preveda un interesse potenzialmente usurario, automaticamente corretto nell’ambito del tasso soglia da una clausola contrattuale, perché una tale clausola sarebbe non solo in contrasto con la detta norma penale, che vieta la pattuizione di interessi usurari, ma perché la stessa riduzione nell’ambito del tasso soglia sarebbe in contrasto con l’art. 1344 c.c. e, quindi, nulla in quanto “tesa ad eludere il divieto di pattuire interessi usurari, previsto dall’articolo 1815 c.c., comma 2, per il mutuo, regola applicabile per tutti i contratti che prevedono la messa a disposizione di denaro dietro una remunerazione”(Cfr., per tutte, Cass. civ. n°12965 del 2016 e giurisprudenza ivi cit., nonché Trib. Bari sent. n. 699 del 14.2.2018).
In ragione dell’evidente usurarietà pattizia, avuto riguardo agli interessi di mora ultra-soglia, il Tribunale di Brindisi ha, pertanto, stabilito che dovendosi detrarre dal piano di ammortamento la quota interessi ed imputare i pagamenti rateali esclusivamente alle somme dovute in linea capitale, va dichiarata la nullità del precetto e della procedura esecutiva qualora, alla data del precetto, i pagamenti effettuati erano sufficienti ad estinguere il debito rateale in linea capitale.
Preme ricordare, infine che l’usura, anche nella mora, è stata condannata dalla collettività dagli albori dei tempi più remoti, nonché dai più grandi autori e drammaturgi, precursori di ogni analisi sociologica e giuridica dei nostri giorni. Non a caso Shakespeare, che con la sua intuizione geniale ha di gran lunga presagito gran parte della nostra legislazione odierna, ci proponeva Shylock, figura emblematica del Mercante di Venezia, che con vero e proprio patto usurario degli interessi di mora, chiedeva ad Antonio “una libbra di carne” in cambio dei famosi tremila ducati(“…qualora in tal giorno ed in tal luogo non mi doveste rendere la somma o le somme indicate nel contratto, la penale sarà una libra esatta di carne, della vostra bella carne, da asportarvi dal corpo di mia mano dalla parte che più vi piacerà…”).
Per fortuna, oggi, una parte della magistratura ordinaria, come il Tribunale di Brindisi con la sentenza in commento, prende decisioni conformi alle leggi degli uomini, che nello specifico coincidono con i principi fondanti e universali dell’intera umanità.
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