L’ESECUZIONE IMMOBILIARE VA SOSPESA SE IL CESSIONARIO NON DIMOSTRA LA TITOLARITA’ DEL DIRITTO CONTESTATO DAGLI OPPONENTI.

CONDIVIDI ARTICOLO:

L’ESECUZIONE IMMOBILIARE VA SOSPESA SE IL CESSIONARIO NON DIMOSTRA LA TITOLARITA’ DEL DIRITTO CONTESTATO DAGLI OPPONENTI.

L’argomento odierno tratta il fenomeno della cessione dei crediti deteriorati, largamente diffuso nella prassi bancaria in cui la banca (cedente) trasferisce un credito ad un’altra banca o ad un intermediario finanziario (cessionario), in houseo terzo rispetto alla cedente, che assume la qualifica di nuovo creditore del debitore (ceduto) ed intraprende nei confronti di quest’ultimo un’azione esecutiva immobiliare sull’unità abitativa che garantisce il rapporto bancario sotteso.

Portiamo quindi all’attenzione dei lettori un recentissimo provvedimento del Tribunale di Velletri del 31.03.2020, emesso nel sub-procedimento di Opposizione all’esecuzione exart. 615 c.p.c., che ha accolto le contestazioni mosse dal debitore esecutato il quale eccepiva tempestivamente la mancata prova di titolarità del diritto ad agire in executivisdella cessionaria Cerved Legal Service, nell’ambito della cessione in blocco di crediti bancari facenti capo, originariamente, alla banca tedesca BHW Bausparkasse, ai sensi dell’art. 58 del Testo Unico Bancario.

In caso di contestazione di titolarità del credito sollevato dal debitore ceduto, è onere della cessionaria provare in via documentale, e senza alcun dubbio, di essere titolare del diritto di credito contestato non essendo di per sé sufficiente il mero riferimento al blocco dei crediti ceduti in cui, a suo dire, rientrerebbe anche il credito per il quale era stata promossa la procedura esecutiva immobiliare che, nel caso di specie, era stata opposta prima dell’emissione dell’ordinanza di vendita.

In particolare, gli opponenti avevano eccepito che i documenti depositati dal creditore procedente nel fascicolo del pignoramento immobiliare, non fossero idonei ad individuare senza margine di incertezza il credito portato dalla cessionaria (contestato, comunque, anche nel merito) e, pertanto, che il difetto di titolarità del diritto impediva la prosecuzione dell’azione esecutiva opposta.

Il punto non è di poco conto poiché, per superare tale contestazione, la cessionaria avrebbe dovuto produrre in fotocopia l’atto da cui fosse possibile determinare, con precisione, la presenza del credito in questione tra quelli ceduti e, in caso di ulteriore contestazione exart. 2719 c.c., la cessionaria avrebbe dovuto altresì depositare la certificazione del notaio rogante, relativa all’atto di cessione, contenente l’attestato di presenza del credito azionato tra quelli oggetto della cessione.

In questi casi, è bene ribadire che l’atteggiamento processuale del debitore ceduto è fondamentale ai fini della contestazione e, infatti, quest’ultimo che non deve dimostrare acquiescenza rispetto alla titolarità del diritto della banca/società cessionaria poiché, così facendo, la solleverebbe dall’onere di dimostrare la titolarità del diritto in questione.

Tuttavia, alla luce della sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 16 febbraio 2016, n. 2951, rammentiamo che la carenza di titolarità del diritto può essere rilevata d’ufficio dal Giudice dell’Esecuzione il quale, anche in caso di mancata contestazione del debitore ceduto (poiché, ad esempio, contumace), ha comunque l’onere di accertare la titolarità del diritto sotteso all’esecuzione immobiliare sottoposta al suo vaglio.

Infatti, la Suprema Corte, al fine di dirimere il contrasto giurisprudenziale sorto sul punto, ha fatto proprio l’orientamento maggiormente garantista statuendo che “La legittimazione ad agire attiene al diritto di azione, che spetta a chiunque faccia valere in giudizio un diritto assumendo di esserne titolare. La sua carenza può essere eccepita in ogni stato e grado del giudizio e può essere rilevata d’ufficio dal giudice. Cosa diversa dalla titolarità del diritto ad agire è la titolarità della posizione soggettiva vantata in giudizio. La relativa questione attiene al merito della causa”.

Il fatto che la titolarità della posizione soggettiva vantata in giudizio costituisca, a dire della Suprema Corte, una questione che attiene al merito della causa “significa che rientra nel problema della fondatezza della domandadella verifica della sussistenza del diritto fatto valere in giudizioma non significa che la relativa prova gravi sull’opponente e che la difesa con la quale l’opponente neghi la sussistenza della titolarità costituisca un’eccezione, tanto meno in senso stretto.”.

Ed è proprio il contrasto sulla natura dell’eccezione che viene superato dalla Corte e che, ad oggi, consente di accantonare la tesi secondo cui la titolarità del diritto, poiché relativa al merito della causa, costituisca un’eccezione di parte e non una mera difesa.

Infatti, sebbene la titolarità del diritto fatto valere in giudizio attenga al merito della causa, si può affermare che tale eccezione non riguardi “la prospettazione ma la fondatezza della domanda: si tratta di stabilire se colui che vanta un diritto in giudizio ne sia effettivamente il titolare”.

La titolarità del diritto è, quindi, un elemento costitutivo della domanda e chi fa valere un diritto in giudizio non può limitarsi ad affermare semplicemente che il diritto sussiste ma deve dimostrare, senza alcun dubbio, che quel diritto gli appartiene in via estrinseca. 

In conclusione, le contestazioni sulla legittimazione e/o titolarità del diritto ad agire possono essere sollevate dalle parti (debitore o cedente) o rilevate dal Giudice, d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, costituendo, quindi, una mera difesa.

Proprio perché l’eccezione di titolarità del diritto costituisce una mera difesa, è sufficiente la semplice contestazione circa la titolarità, non ricadendo in capo al debitore opponente l’onere di dimostrare un fatto modificativo, impeditivo ed estintivo del diritto a lui contrapposto.

Tuttavia, anche al fine di evitare gli effetti irreversibili di una vendita immobiliare, è preferibile sollevare la contestazione sin dalla prima difesa ed evitare, comunque, un atteggiamento acquiescente verso il diritto fatto valere dal creditore procedente poiché, come è ovvio che sia, un conto è rimanere totalmente passivi rispetto alla posizione del creditore, altro è confermare, seppur implicitamente, il diritto fatto valere dal procedente.

Infatti, in caso di conferma, seppur implicita, del diritto azionato in executivisdalla cessionaria, sarebbe estremamente complicato far valere la contestazione circa la titolarità del diritto in un secondo momento, mediante un’impostazione contraria rispetto a quella assunta in precedenza.

Tornando all’esame pratico del provvedimento oggi in commento, osserviamo che gli opponenti non si erano limitati sic et simplicitera contestare la titolarità del diritto della CLS (cessionaria), ma avevano altresì argomentato circa l’inesistenza del credito alla data in cui si era perfezionata la cessione dei crediti in blocco tra la BHW (cedente) e la CLS (cessionaria).

Infatti, la parte opponente è riuscita a dimostrare che il rapporto bancario era in bonisal momento della cessione dei crediti deteriorati e, pertanto, non poteva certamente rientrare nel blocco di quelli acquistati dalla cessionaria nell’atto pubblico notarile che la medesima aveva depositato nel fascicolo del pignoramento immobiliare.

In poche parole, secondo la prospettazione degli opponenti, il credito azionato nell’esecuzione immobiliare non esisteva al momento della cessione dei crediti in blocco cui faceva riferimento l’atto pubblico notarile depositato dalla cessionaria e, pertanto, quest’ultima non poteva essere titolare del credito preteso.

Il G.E. ha colto la contestazione sollevata dagli opponenti nei propri scritti difensivi e, poiché non vi era certezza circa la titolarità del diritto in capo alla procedente CLS, ha sospeso l’esecuzione in corso.

Scarica >> Tribunale di Velletri Ordinanza di sospensione del 31.03.2020